Prontuario per un uso consapevole della Giornata internazionale della donna

Per prima cosa, non è la Festa della Donna. Sì, sappiamo che ci arrivano gli auguri e pure le mimose da Pandora, Interflora, Perugina, Bauli, H&M, Canale 5, il capo, il cugino, le amiche, la zia. E sappiamo che fra loro c’è chi ha buone – o quanto meno innocue – intenzioni (tu no, Vodafone), pertanto sta a noi decidere se accettarli, accettarli con riserva o rispedirli al mittente.

Il punto rimane: l’8 marzo non è una festa. È la giornata scelta per celebrare le conquiste sociali, economiche e politiche ottenute dalle donne, e ricordare discriminazioni e violenze di cui sono state (e sono) oggetto.

Non ha senso fare gli auguri a ogni femmina che vedete. Il 27 gennaio, Giornata della Memoria, fareste gli auguri a chi commemora i propri cari morti durante le persecuzioni nazi-fasciste, o a chi è sopravvissuto? Ecco, è lo stesso.
Ancora meno sensate sono le battute pseudo-ironiche su quanto sarete gentili oggi con le vostre mogli / fidanzate / amiche / sorelle / insegnanti eccetera.

Per finire, nell’articolo del Post trovate anche la storia di come nel nostro Paese le mimose sono state associate alla Giornata della donna.

Ed è la sorpresa più bella perché, dopo aver letto le parole di Teresa Mattei,1 penso che quei mazzolini gialli possono ancora trasmettere un senso di solidarietà e appartenenza a una causa comune. Forse.


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